Robert Wyatt ’68 – il Sacro Gra(al) della Scena di Canterbury

Wyatt '68 Front

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Non credo di esagerare dicendo che Saluzzi’s Home Record Collection è il sito italiano che ha gioito di più in assoluto all’uscita di Robert Wyatt ’68, un album pubblicato lo scorso martedì 8 ottobre 2013 e contenente le registrazioni fatte da Robert Wyatt ai TTG Studios di Los Angeles nell’ottobre del 1968, esattamente 45 anni fa.

Dico così in parte perchè in Italia di Robert Wyatt non frega niente a nessuno, in parte perchè proprio di queste session ho parlato diverse volte nel blog, in maniera anche approfondita.

Il contesto è noto ai lettori della saga Jimi Hendrix + Soft Machine che potete trovare qui.

I due gruppi tennero un lungo tour negli Stati Uniti durante gran parte del 1968 al termine del quale i Soft Machine si sciolsero e mentre tutti gli altri tornarono in Inghilterra, Robert Wyatt restò a Los Angeles ospite a casa di Jimi Hendrix e a passare le giornate ai TTG Studios (gli studi dove furono incisi Velvet Underground e Nico, Freak Out di Zappa e Waiting for the Sun dei Doors tanto per dirne qualcuno).

In quel periodo lo troviamo in diverse registrazioni fatte da amici negli studi:

  • Fece i cori nel brano The Clown degli Eire Apparent
  • Fece un bel po’ di casino durante le session per la registrazione di Calling All Devil’s Children di Hendrix
  • Suonò la batteria assieme a Zoot Money alle tastiere ed Andy Summers alla chitarra in “River deep, mountain high” di Eric Burdon and the Animals
  • Alcuni sostengono che fece anche una jam session con Money, Summers e Jimi Hendrix (un vero e proprio supergruppo) che però, come dicevo in questo post, secondo me è un’invenzione internettiana.
Eire Apparent, Jimi Hendrix,

Qualche foto scattata ai TTG Studios proprio in quel periodo:

(Queste ed altre foto di quel periodo le trovate in questo post)

Oltre a bighellonare per gli studi irrompendo nelle registrazioni di altri, Robert Wyatt registrò anche alcuni demo di grande importanza storica sia perchè contengono una delle poche collaborazioni in studio accertate tra Wyatt stesso e Jimi Hendrix, sia perchè le canzoni registrate saranno la base della futura produzione dei Soft Machine e di quella solista successiva.

E a 45 anni di distanza con questo Robert Wyatt ’68 la casa discografica Cuneiform ha pubblicato per la prima volta la versione integrale di questi demo nella qualità sonora migliore possibile.

I brani dell’album sono 4 (più la “Radio edit” di Rivmic Melodies presente sul sito) suonati per intero dal solo Wyatt tranne Slow Walking Talk (con Jimi Hendrix che suona il basso) e Moon in June (che fu completata in studio dagli altri Soft Machine l’anno successivo).

Dato che almeno la metà dei brani non era mai stata pubblicata prima (neanche su bootleg), potete capire la goduria del fan sfegatato.

Ecco la recensione di Robert Wyatt ’68

1 Chelsa (5:00)

Non sapevo neanche dell’esistenza di questo brano che infatti non figura nella tracklist della session di cui avevo già parlato in questo vecchio post.

Il brano è una versione embrionale di “Signed Curtain” contenuto nell’album omonimo dei Matching Mole (il gruppo di Wyatt dopo l’uscita dai Soft Machine). Rispetto alla versione definitiva con voce e piano, qui la voce è contrappuntata da un organo e dalla batteria che la rendono vagamente simile a A Certain Kind, canzone presente nel primo album dei Soft Machine che all’epoca era già stato registrato ma che sarà pubblicato solo qualche mese dopo (dicembre ’68).

Come già detto, il pezzo è totalmente inedito e mai pubblicato finora neanche su Bootleg.

2 Rivmic Melodies (18:19)

Rivmic Melodies è una sorta di suite che sarà rielaborata dai Soft Machine ed occuperà l’intera facciata del secondo album della band (chiamato semplicemente “Volume Two” e che uscirà ad aprile dell’anno successivo) qui in versione embrionale.

Dall’ascolto di questa prima versione escono fuori dettagli interessanti:

– anzitutto i riferimenti Patafisici del brano (che in passato gli erano valsi il titolo di “Commandeur Exquis – Petit Fils Ubu” presso il Collegio di Patafisica) erano già tutti presenti nella demo e quindi la paternità è totalmente di Wyatt;

– il brano ha una struttura che è già quella della versione definitiva dell’anno successivo. Confrontando le due versioni, infatti, è chiaro che gli altri due Soft Machine (Hugh Hopper e Mike Ratledge) lavorarono soprattutto sulle sonorità e sullo sviluppo delle parti strumentali manentendo le parti cantate e la struttura generale praticamente identica a quella di questo demo.

La diffenza più evidente è che in questa versione il “Concise British Alphabet” è tutt’altro che concise e Wyatt passa oltre tre minuti a giocare vocalmente con le lettere dell’alfabeto. Pura follia!

E’ inutile dire che questo brano è il vero e proprio gioiello del disco; come Chelsa, questa versione non era mai stata pubblicata neanche su bootleg e per sonorità, idee e struttura è considerabile una sorta di “fratello minore” di Moon in June;

e se Moon in June è unanimamente considerato come uno dei capolavori della musica moderna di sempre, le conclusioni tiratele un po’ voi…


La versione in LP bianco dal sito della Cuneiform:

3 Slow Walking Talk (3:02)

Il brano in assoluto più interessante (data la presenza di Jimi Hendrix che suona il basso) se non fosse che la stessa versione restaurata era già stata pubblicata nella raccolta ufficiale Flotsam Jetsam del 1994 di cui ne avevo parlato ampiamente qui.

Robert Wyatt

4 Moon in June (20:36)

Sulla demo del capolavoro di Wyatt avevo grandi aspettative dato che la versione pubblicata sempre sulla raccolta Flotsam Jetsam era solo un breve estratto di 3 minuti ed il brano era quindi sostanzialmente inedito.

Questa versione è interessante dato che ha un testo completamente diverso e, seppur con una struttura identica alla versione più famosa pubblicata su Third (inclusa la combinazione: prima parte registrata dal solo Wyatt e seconda parte strumentale assieme agli altri Soft), è rallentata di molto rispetto a quest’ultima.

L’unica cosa è che questa Moon in June mi suonava famigliare. Cercando un po’ nei miei archivi ho trovato che è la stessa versione pubblicata su Backwards, altro “bootleg” ufficiale dei Soft Machine edito nel 2000 dalla stessa Cuneiform.

Quello che avevo da dire su questo brano l’ho già detto in questo post. E’ inutile ripetermi.

Backwards Front
Backwards Back

Sebbene due brani su quattro erano già disponibili su album ufficiali con la stessa qualità, Robert Wyatt ’68 è comunque una registrazione “storicamente” importante per i fan dei Soft Machine e di Wyatt e che musicalmente ha almeno il merito di aver portato alla luce la prima versione di Rivmic Melodies, molto diversa da quella pubblicata l’anno successivo sul lato A di “Volume Two” dei Soft Machine, e considerabile un “fratello minore” di Moon in June, il chè non è affatto poco.


L’ultima nota positiva la voglio spendere su Amazon che non finisce mai di stupire.

Non solo è l’unico sito di acquisto online che da la possibilità di avere il disco garantito il giorno successivo a casa tua (con una efficienza logistica che ancora stento a capire come sia possibile nel nostro paese), ma acquistando questo disco ho scoperto il nuovo servizio AutoRip, che due secondi dopo l’acquisto di un supporto musicale fisico (CD o, come nel mio caso, naturalmente LP) dà la possibilità di scaricare gratuitamente in formato mp3 il disco appena preso oppure di ascoltarlo da un ambiente cloud personalizzato che conserva gli mp3 di tutti gli album comprati da Amazon.

Io continuo ad essere fautore del vinile usato a 2 euro, però per quegli album da acquistare comunque nuovi, direi che Amazon offre un servizio difficile da battere.


La pagina Bandcamp dell’album, praticamente la pagina ufficiale.

Il mio punto di vista su Third dei Soft Machine

La saga di Hendrix ed i Soft Machine di questo blog inizia qui.

Per tutto il resto parti da qui.

7 commenti

  1. è molto da presuntuosi credere di essere gli unici che in italia se ne fregano di Wyatt… sarebbe bene guardare al di la della punta delle proprie scarpe…..

    • Buongiorno Mario e benvenuto sul blog.
      Se non ti fermi alla prima frase del post ma arrivi almeno alla seconda capisci anche il senso di quello che voglio dire.
      Comunque basta scrivere “Robert Wyatt ’68” su Google per vedere che a distanza di una settimana NESSUN giornale, sito o forum ITALIANO ha parlato dell’album tranne questo blog.

  2. saluzzishrc, non osare mai più dire che Robert Wyatt non è troppo seguito in Italia!
    ci sono tutte le classifiche di vendita a darti torto. presuntuoso.
    🙂

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