Dopo un primo post dove ho raccontato le cose importanti dell’anno appena trascorso “frutto della provvidenza”, con questo post iniziamo a vedere anche le cose importanti figlie del libero arbitrio dell’uomo iniziando con gli album usciti quest’anno che hanno lasciato il segno.
Parlando dei migliori album dell’anno e di classifiche, non sono d’accordo con l’articolo di Marinella Venegoni (che ha un blog che ho scoperto da poco e che trovo molto interessante). Quest’anno, infatti, mi sembra che la (brutta) tendenza, in voga fino all’anno scorso, di fare classifiche musicali preoccupandosi di scegliere album di cui non ha ancora parlato nessuno, piuttosto che album rappresentativi del periodo, sia molto diminuita.
La sensazione che ho avuto leggendo classifiche di fine anno di ogni tipo, da quelle commerciali a quelle un po’ più alternative, è stata che al di là dei singoli gusti, alcuni album ritornavano molto frequentemente.
E questo per me è un bene.
Ognuno è libero di preferire la musica che vuole, però ci devono essere dei confini entro il quale siamo tutti d’accordo che stiamo parlando di musica. Altrimenti non ha proprio senso parlarne!
Sebbene, quindi, secondo i miei gusti sono un po’ tutti uguali (e non hanno inventato nulla di nuovo), c’è da dire che gli album di Arcade Fire (Reflektor), Arctic Monkeys (AM), The National (Trouble will find me) e Franz Ferdinand li ho trovati quasi sempre in tutte le classifiche che ho letto, e qualcosa questo vorrà pur dire.
Così come i “vecchi” Nick Cave e l’eterno David Bowie siano riusciti a tenere testa a questi giovanotti con album che non sono solo appendici nostalgiche del loro passato ma un qualcosa di ancora attuale.
Molto meglio, tra i dischi più ricorrenti, Random Access Memories dei Daft Punk, principale responsabile del revival anni ’80 che ha spopolato quest’anno e che, c’è da dire, suona veramente bene ed Happy Mistake del nostrano Raphael Gualazzi che, pur non inventando nulla di nuovo, continua a sfornare dischi di pregevolissima fattura.
Solo per la cronaca, invece, citerei anche gli sbandieratissimi nuovi album di Paul McCartney (New), dei Pearl jam (Lightning Bolt) e di Elio e le Storie Tese (Album Biango) dischi di cui si è parlato parecchio ma si è ascoltato molto poco; ed anche questo qualcosa vorrà pur dire.
Pagato pegno ai dischi mainstream, veniamo finalmente alle uscite del 2013 più vicine al DNA di questo blog, DNA intriso indelebilmente di musicaccia anni ’70.
L’uscita più importante dell’anno è stata chiaramente Robert Wyatt ’68, le registrazione che il batterista dei Soft Machine fece a Los Angeles nel 1968 ai TTG Studios ospite nientepopò di meno che di Jimi Hendrix che ha partecipato alla session.
Non so se mi sono spiegato.
Il disco si è meritato una recensione tutta per lui in questo post che è stato anche uno dei più visitati di quest’anno.
Restando su Jimi Hendrix, è uscito un nuovo album di inediti (sembra impossibile ma ad oltre quarant’anni dalla sua morte Hendrix continua a pubblicare album di inediti), il più che decente People, Hell & Angels ed un doppio live ufficiale, Miami Pop Festival.
Per quanto riguarda la Scena di Canterbury, invece, da segnalare l’uscita di Phoenix Rising di Rovo e System 7, il gruppo di Steve Hillage, il gloriosissimo chitarrista dei gloriosissimi Gong (se non sapete di cosa stiamo parlando ed avete voglia di approfondire un po’ andate qui, ne vale veramente la pena); e Burden of Proof, un album di inediti dei Soft Machine Legacy, ovvero, quel che resta dei Soft Machine originali dopo circa 120 cambi di formazione.
Sempre parlando di vecchie glorie, nel 2013 è uscito anche il nuovo sottovalutatissimo e pochissimo chiacchierato album di Sting, una sorta di musical dal titolo The Last Ship (sottovalutato da tutti tranne che da skylyro, naturalmente 🙂 ),
Ultima sezione è quella del Prog Italiano che ci ha regalato alcune chicche che non aggiungono nulla ai capitoli già scritti della storia di questo genere ma che comunque si fanno ascoltare.
La prima è sicuramente il Concerto Grosso n. 3 dei New Trolls, terzo episodio di contaminazione tra rock e musica classica scritto da una delle derivazioni del gruppo genovese, la Leggenda New Trolls (quella con Di Palo e De Scalzi) che si è avvalso del solito (e bravissimo) Luis Bacalov. Diciamo che questo album sta al primo Concerto Grosso come Il ritorno del Monnezza sta a Delitto al Ristorante Cinese, a guardare te lo guardi ma…
Anche la PFM finalmente incide il proprio concerto grosso sfornando un album di pezzi classici per gruppo rock ed orchestra dal titolo PFM in Classic – da Mozart a Celebration. Il disco conferma una regola non scritta valida dai tempi dei live con De Andrè ovvero che, a parte i primi due album, la Premiata Forneria Marconi ha sempre dato il meglio su pezzi di altri piuttosto che su pezzi propri.
L’ultimo album da segnalare è l’Angelo Rinchiuso, concept album di Aldo Tagliapietra delle Orme, uscito in concomitanza con i 40 anni di Felona e Sorona delle Orme. La copertina, come di consueto, è stata disegnata da Paul Whitehead (il disegnatore delle copertine di Foxtrot e Nursery Crime dei Genesis) che aggiunge un altro tassello alla sua lunga collaborazione con il gruppo veneto ed i suoi membri. Contemporaneamente Aldo Tagliapietra ha dato alle stampe la sua autobiografia dal titolo Voyageriano “Le mie verità nascoste”; purtroppo non ho ancora avuto modo di leggerlo ma dal titolo mi aspetto rivelazioni tipo: i Dik Dik erano dei rettiliani! 🙂
Il Primo Post sul 2013 musicale, quello dell’almanacco di vivi, morti, vegeti e festeggiati.