Da quando i Pink Floyd hanno annunciato di avere in preparazione un nuovo album una lunga serie di goccioline di sudore freddo hanno iniziato a scorrermi lungo la schiena.
Un album di inediti é qualcosa che resta per sempre nella discografia di un gruppo ed un uscita ad età così avanzata (quando in genere il pensiero “servono soldi per pagare le bollette” prevale su quello “rivoluzioniamo la musica”) potrebbe avere effetti devastanti sull’eredità del gruppo.
Ed anche quando il disco è uscito l’ho trovato così indefinibile che per un po’ sono rimasto indeciso se scriverci sopra un post oppure no.
Alla fine ho pensato: ma quando mi ricapita di poter scrivere su un disco dei Pink Floyd nuovo di zecca?
Ed ecco quindi 52 milionesima 200 mila e unesima (dati di Google) recensione di Endless River dei Pink Floyd!
Le polemiche
Il 5 luglio 2014 Polly Samson, moglie di David Gilmour cinguetta su Twitter come se niente fosse “Btw Pink Floyd album out in October is called “The Endless River”. Based on 1994 sessions is Rick Wright’s swansong and very beautiful”.
All’annuncio è seguita un’ondata di critiche da parte di media e social network da lasciare basiti. Capisco che operazioni come queste si prestano a facili interpretazioni “speculative” ma stiamo pur sempre parlando di un gruppo di vecchietti (uno dei quali tra l’altro morto tra la registrazione e la pubblicazione dell’album) che a suo modo ha segnato la storia del genere umano tra gli anni 70 e 80. Un po’ di rispetto, insomma!
Tanto più che l’argomentazione principale dei detrattori era che i Pink Floyd senza il loro bassista Roger Waters non erano i veri Pink Floyd.
Ah ecco… manca Waters.
Certo, l’uscita del bassista dal gruppo è stata una bella batosta per i Floyd, il problema è che è avvenuta nel 1985.
MILLENOVECENTOTTANTACINQUE! Trent’anni fa!
All’epoca c’era Baltimora che cantava Tarzan Boy:
Magari nel 1987, quando i tre Floyd superstiti decisero di riunire il gruppo e di pubblicare il fiacco A Momentary Lapse of Reason l’obiezione poteva avere un senso ma oggi, mi ripeto, dopo trent’anni, diciamo che ci siamo abituati alla sua assenza.
La copertina
Seguendo la scuola di pensiero di Steve Jobs (maestro nel creare aspettative nel lancio di un prodotto a suon di annunci), dopo il tweet di luglio, a settembre i Pink Floyd rivelano quella che sarà la copertina del nuovo album, che è l’immagine pubblicata all’inizio del post.
Sembra un dettaglio di secondo piano ma per i fan pro dei Pink Floyd la copertina era motivo di curiosità, perchè nel frattempo, oltre al povero tastierista Richard Wright, è venuto meno anche Storm Thorgerson [sembra un bollettino di guerra ma questo è lo scotto da pagare se ci ostiniamo a non voler rinnovare il parco “miti della musica”!] titolare dello studio Hipgnosis ed ideatore di tutte le copertine dei dischi dei Pink Floyd da A Saucerful of Secrets (1968 d.C.) all’ultimo The Division Bell.
E’ stato lui l’ideatore della Mucca, del Triangolo di Dark Side, della stretta di mano con l’uomo infuocato, del maiale sulla fabbrica di Londra e di tante altre immagini rimaste impresse nell’immaginario e che molto hanno contribuito al successo degli album del gruppo inglese.
La prima copertina del dopo Thorgerson è una foto semplice e limpida con un ragazzo ripreso di spalle che conduce una barca che naviga sulle nuvole verso l’infinito.
Per quanto piacevole, ho tanto l’impressione che Storm avrebbe giudicato l’immagine un po’ banale.
Louder Than Word, il ricordo di Richard e lo spettro di The Division Bell
Qualche giorno prima della pubblicazione dell’album, la cui uscita nel frattempo è stata posticipata da ottobre al 10 novembre, si sono susseguiti diversi altri annunci ed indizi: nel canale ufficiale di Youtube sono apparse clip di circa un minuto con parti di brani dell’album (da cui però si capiva poco e niente) e contemporaneamente David Gilmour e Nick Mason, i due Floyd superstiti, hanno iniziato a rilasciare decine di interviste svelando nel dettaglio il progetto Endless River.
Hanno chiarito che il disco sarebbe stato un doppio album strumentale i cui pezzi non prendono spunto da idee musicali scartate dal precedente The Division Bell (come poteva far intendere la moglie di Gilmour nel Tweet) bensì che trattavasi proprio di QUELLE sessioni, per l’occasione riversate su supporti più recenti, migliorate con sovraincisioni e rese un’opera finita grazie ad un po’ di taglia e cuci.
La base è la stessa delle sessioni del 1994 per poter dare il giusto tributo a Richard Wright, il tastierista venuto a mancare nel 2008 e che molto ha contribuito alla stesura e all’esecuzione dei pezzi e a cui l’intero progetto è dedicato.
Dalle parole si passa ai fatti ed il 9 ottobre esce Louder Than Words, il primo singolo dell’album e l’unico NON strumentale. Sempre Polly Samson (quella del tweet), infatti, scrive un testo strappalacrime che funge da testamento del gruppo.
Il brano invade immediatamente le radio di tutto il globo.
Niente di nuovo, naturalmente, ma il risultato è niente male.
E alla fine il DISCO
Ed alla fine esce l’album e da quel momento di The Endless River non se ne parla più, o quasi.
Un po’ perchè gli annunci avevano svelato praticamente tutto; un po’ perchè effettivamente è molto difficile farsi un’idea sul disco.
Non c’è dubbio che sia ottimamente suonato ed ottimamente prodotto, che Louder Than Words sia un buon brano e che Nervana, la bonus track che chiude l’album, abbia un riff accattivante.
E’ da lodare anche la dedica del lavoro all’amico di una vita che oggi non c’è più (per quanto questo sia un cliché dei Pink Floyd che hanno dedicato innumerevoli album all’altro amico degli inizi prematuramente uscito di scena: Syd Barrett) così come è intrigante l’idea di pubblicare un doppio album strumentale in un momento di “Imbarbarimento dei gusti” come questo in cui difficilmente si va oltre la forma canzone strofa/ritornello.
Ma anche se tutto sembra così bello e buono fin dal primo ascolto si capisce che c’è qualcosa che non va.
E’ inutile girarci attorno.
Quello che non va è che dopo aver ascoltato almeno 30 volte il disco, a parte i due brani di cui sopra, continuo a non ricordare assolutamente niente del resto. Non un tema, un assolo, non una trovata negli arrangiamenti, niente.
E’ molto chiaro e ben a fuoco il “sound Pink Floyd” ma nel complesso il disco è una massa informe da cui non emerge nulla. Una specie di versione Lounge dei Pink Floyd: musica bellissima e rilassante da ascoltare per ore ma che se ci pensi su, ti accorgi che ti è scivolata via senza lasciare niente.
E non è un problema di essere un album strumentale. Anche Atom Heart Mother è una suite strumentale ma non per questo non resta impressa.
Il problema è che a The Endless River, diciamolo, manca l’identità.
E lo dico con con il rispetto di un fan che ritiene i Pink Floyd il gruppo più importante della storia della musica e che li conosce e li apprezza da Arnold Layne a High Hopes.
Scusa ma… ?
Concludo con il primo pensiero che mi è venuto in mente dopo aver letto l’annuncio del nuovo disco e che, una volta ascoltatolo, è ritornato ancora più forte di prima:
Lo scorso maggio (tre mesi prima dell’annuncio del nuovo album) The Division Bell, il disco da cui sono tratte le sessions, ha compiuto 20 anni ed è stato festeggiato con tanto di conto alla rovescia planetario sul sito ufficiale della band, festeggiamenti coronati da una edizione deluxe dell’album tanto bella nel packaging quanto povera di novità da un punto di vista musicale.
Ma allora questo disco, che di fatto altro non è che un bonus disc del precedente, non sarebbe stato meglio tra i contenuti speciali dell’edizione del ventennale di TDB uscita, ripeto, sei mesi prima?
I Pink avrebbero avuto un nuovo singolo (Louder Than Words, appunto) che avrebbe trainato l’intero progetto, le lacrime per Richard Wright si sarebbero potute versare lo stesso ed i fan avevano un bonus disc con materiale di studio inedito risistemato per l’occasione. Una vera e propria chicca!
Ma capisco che fare la scelta giusta e pensare ai fan quando sei una multinazionale come i Pink Floyd è difficile (ne avevo già parlato qui di questo argomento).
Cimeli del Record Store Day 2014
A differenza del 2012 e del 2013, quest’anno non sono riuscito a fare un post con i dischi che ho acquistato questo Record Store Day.
Se lo avessi fatto, avrei raccontato che proprio quel giorno, il 19 aprile 2014, mi sono accaparrato una dignitosissima copia in vinile di The Division Bell senza fronzoli (gatefold, inner, testi…) ma di grammatura alta e registrazione ancora più alta:
Titolo: The Division Bell – Artista: Pink Floyd – Etichetta/N. serie: EMI United Kingdom – 7243 8 28984 1 2 , – Formato: Vinyl, LP, Album, Gatefold – Paese: UK – Anno: 1994 (originali) – Data di acquisto: 19 aprile 2014 (Record Store Day) – Prezzo: € 26 ma con scontone finale del negozio – Venditore: Millerecords.
Il disco l’ho comprato in un altro storico negozio di dischi della capitale: Millerecords (L’indirizzo è nella pagina dei Negozi di Dischi del blog)
Quando pochi giorni dopo è stata annunciata l’edizione del ventennale del disco ho pensato che, per quanto grande fan, acquistare lo stesso disco due volte in un mese era troppo! 🙂
Di Pink Floyd vecchi e nuovi in questo blog non si finisce mai di parlarne!
Bella analisi… Tutto vero
Grande Nick, grazie!
Beh, sono d’accordo un po’ su tutto, compreso il fatto che in questo Endless River non ci trovo niente di nuovo, se non una conferma dell’inconfondibile “Pink Floyd sound”. Non ci sono novità, solo conferme, appunto (ed anche un po’ scontate). Ci ho ritrovato un frullato di tanti pezzi precedenti: sintetizzatori ed accordi di Shine on…, glissati di Echoes, rullate di timpani di A Saucerful… (di ben 45 anni prima!), le immancabili “firme” chitarristiche di Gilmour. Tant(issim)a professionalità, sì, ma nessuna idea nuova: il dubbio che ci siano interessi di tipo economico (le “bollette”…) piuttosto che artistico c’è eccome, ovvio. Però, come si fa a pretendere “novità” da attempati (e ricchissimi) gentiluomini britannici, possessori di castelli, collezioni di auto da corsa e romantici barconi/sale d’incisione? Anche se i nomi sono gli stessi dei geniali pazzi psichedelici degli anni ’60, l’anagrafe è impietosa.
Quello che invece mi è piaciuto è il video: http://www.rollingstone.com/music/premieres/pink-floyd-louder-than-words-video-20141110. Anche se NON c’è la mano di Thorgerson, mi pare che sia rimasto lo spirito: se non ci si sofferma all’immagine di copertina (col giovane che rema fra le nuvole, effettivamente banaluccia) ma si guarda il video, in quei surreali relitti di barche nel deserto (il vero ex Lago d’Aral, distrutto dalle politiche agricole sovietiche) ci ho ritrovato quella voluta estraneità delle copertine del defunto creativo: penso al “tuffo immobile” e la stretta di mano infuocata di Wish You Were Here, o all’interminabile distesa di letti di A Momentary Lapse… mi sono ricreduto.
Mi domando comunque se avessero davvero bisogno di pubblicare un nuovo disco: evidentemente la massima di “ritirarsi quando si è ancora all’apice” è ben difficile da mettere in pratica. Ed anche per me, che li considero la più grande e “profonda” band di tutta la storia del rock, non è facile da ammettere.
Dopo aver sentito il nuovo singolo di Gilmour mi sono chiesto quando arriverà il secondo singolo estratto da questo endless river.
Aspetta, aspetta…